Un’opera raffinata piena di luminosa bellezza e di grazia francese: i tagli dorati e i gigli impressi sui piatti, la pergamena morbida e la scrittura armoniosa, l’ariosità della pagina e le miniature fiorite.
A meravigliare è il codice quattrocentesco “I Trionfi” di Francesco Petrarca, arrivato in Biblioteca Gambalunga nel corso del Settecento, grazie probabilmente a una donazione degli eredi di Girolamo Soleri, bibliotecario dell’istituzione cittadina dal 1696 al 1711.
La sua origine è però francese: a ogni carta sfogliata si respira un’atmosfera di corte, di lusso e di eleganza, che niente ha a che vedere con la meditazione introspettiva dei Trionfi. La decorazione del nostro piccolo prezioso codice racconta una storia visiva a sé, completamente libera dall’iconografia del poemetto petrarchesco.
Lo scrittore e studioso riminese Piero Meldini, prezioso custode della conoscenza dei codici gambalunghiani, ne rintraccia la storia a partire dal primo Cinquecento quando risulta già presente in Italia ma non ancora nella nostra città, dove inizia a essere documentato in casa di Carlo Soleri a partire dal 1667, secondo una nota di possesso. E propone di attribuire la paternità a un miniatore della Francia settentrionale di metà Quattrocento, di scuola franco-fiamminga, dall’identità artistica decisa ma non ancora identificata.
Le visioni del poeta
Intorno al 1352 il poeta Francesco Petrarca (1304-1374) inizia a comporre in volgare italiano il poemetto allegorico intitolato i Trionfi. L’opera, in terzine, è una successione di sei quadri - Amore, Pudicizia, Morte, Fama, Tempo, Eternità – ciascuno dei quali si mostra cedendo il passo al successivo: un vero e proprio viaggio dalla terra al cielo.
La narrazione prende avvio da una visione accaduta al poeta all’alba di un giorno di primavera, precisamente il 6 aprile, anniversario dell’incontro con l’amata Laura. Ad apparirgli è Amore con il suo corteo di uomini vinti, tra i quali si riconoscono volti illustri, diretti a Cipro. A questo punto entra in scena Laura decisa a sconfiggere “il gran nemico”, Amore, che tutto il mondo atterra; Laura torna vittoriosa dalla battaglia accompagnata dalle poche elette compagne. Le spoglie del dio alato sono state portate nel Tempio della Pudicizia a Roma. È il trionfo della purezza sul desiderio amoroso. Ma la Morte non tarda ad arrivare e a strapparle “un aureo crine”. Laura si abbandona a lei senza alcuna paura. Ma la vittoria della Morte non dura a lungo, la Fama si presenta infatti accompagnata da una schiera di grandi uomini: re, filosofi, poeti, capitani. E il ricordo delle glorie terrene custodite e tramandate vince sulla Morte. Fino a quando però il Tempo, intollerante della Fama, non accelera la sua corsa per ricordare la fragilità delle cose umane, l’illusione.
Solo Dio può trionfare su tutto e su tutti, è la visione dell’Eternità che annienta tempo e morte. Ritorna Laura, diventata strumento di salvezza, e nasce nel poeta la speranza di poterla raggiungere e rivedere tra i beati.
Nonostante la narrazione sia completa, Francesco Petrarca lavora alla stesura fino alla morte senza consegnare un’edizione definitiva. Ci troviamo difronte a un’opera, se non incompiuta, “nell’insieme provvisoria”, come l’aveva definita Gianfranco Contini, causa di molti problemi testuali.
Il nostro manoscritto si inserisce nella tradizione e sembra oscillare, secondo la ricostruzione dello studioso riminese, tra il testo della vulgata e quello dei manoscritti della British Library (ms. Harleian 3264), della Biblioteca Palatina di Parma (ms. 1636) e dell’incunabolo datato 1473 della stessa biblioteca londinese.
Il giardino fiorito dei Trionfi riminesi
Il manoscritto riminese (Sc-Ms. 92) è composto da cinquanta carte, di cui tredici decorate da una raffinata cornice vegetale e da altrettante iniziali filigranate. La prima carta presenta una cornice attorno ai quattro lati, le restanti dodici lasciano libero invece il margine destro.
Il compito delle miniature, completamente sciolte dalla narrazione petrarchesca, è quello di contribuire alla ricercatezza del manoscritto, commissionato presumibilmente da una persona di alto livello sociale.
Le cornici miniate appaiono giardini fioriti di un’ideale primavera abitati da dame, cavalieri, animali domestici e creature fiabesche. Un intreccio di fronde sinuose blu e rosa e di foglie verde-oro diviene trama per ospitare rose, papaveri, viole, margherite, fiordalisi e fragole. Piccoli soli dorati intervengono negli spazi liberi a illuminare la morbida pergamena.
Nella prima carta, al centro del margine basso della pagina, un cavaliere e la sua dama vestita d’azzurro procedono a cavallo; mentre sul lato destro una dama in rosa siede su un animale fantastico dal corpo di leonessa, la coda di pesce e le teste di fenicottero e cicogna; in alto un fringuello rosa si accomoda sull’inizio del testo al centro della vegetazione.
Le successive carte, attraversate dalla cornice, ospitano tra i girali creature cortesi: una dama e una regina, intente a suonare il liuto, emergono dal calice di un fiore, ognuna di loro in una carta diversa; una dama vestita in rosa lascia sciolti i lunghi capelli dorati; un uomo in farsetto grigio con una mano si appoggia all’arma dorata, un’asta appuntita, e con l’altra tiene stretto uno stelo; un paggio si china per cogliere un fiore. Ci sono poi gli animali: uccelli variopinti, pavoni in mostra e un piccolo drago intento a soffiare foglie e fiori. Compare anche un angelo dalle ali rosa-oro con l’organo. Ogni carta racchiude, al centro del margine inferiore della cornice, un elemento caratterizzante.
Le iniziali dei capitoli, di colore blu o rosa, sono a loro volta inserite in un quadrato dorato e contengono al loro interno decorazioni flessuose di linee e di fiori.
La tipologia della decorazione del nostro codice ha riferimenti illustri nella miniatura internazionale della metà del Quattrocento, si pensi in particolare ai Libri d’Ore, uno dei testi miniati maggiormente diffusi all’epoca. La ripetizione di una tipologia di decorazione non deve sorprendere, perché va ricondotta all’esistenza di veri e propri repertori figurativi rappresentati da libri di modelli utilizzati specialmente per cornici e iniziali.
Il desiderio di lussuosa bellezza continua a sorprendere pagina dopo pagina.
Bibliografia
2018
Francesco Petrarca, Trionfi, commentario a cura di Marco Cursi e Vittorio Celotto, presentazione di Massimo Bray, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 2018
2011
Ada Labriola, Da Padova a Firenze. L’illustrazione dei Trionfi, in Francesco Petrarca, I Trionfi, commentario a cura di Ida Giovanna Rao, Artcodex, Castelvetro di Modena, 2011
2004
Francesco Petrarca, I Trionfi. Rimini, Biblioteca Civica Gambalunga Sc-Ms. 92, testi di Daniele Bini, Marcello Di Bella, Piero Meldini, Il Bulino edizioni d’arte, Modena, Y. Press, Milano, 2004
1988
Giordana Mariani Canova, Piero Meldini, Simonetta Nicolini, I codici miniati della Gambalunga di Rimini, Federico Motta Editore, Milano, 1988
Immagini
©Biblioteca Civica Gambalunga
Le immagini pubblicate sono di proprietà della Biblioteca Civica Gambalunga che ne detiene in esclusiva tutti i diritti.
L'articolo è stato pubblicato per la prima volta sulla rivista Ariminum, gennaio-febbraio 2020, nel numero speciale dedicato alle celebrazione dei 400 anni della Biblioteca Civica Gambalunga di Rimini (1619-2019).
Silvia Paccassoni per Dorature. Storie di illustrazione 2020
© riproduzione riservata
Possono interessarti anche i seguenti articoli:
Comments