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Il prezioso Dante della Gambalunga

Piccole luminose sfere dorate preannunciano la preziosità del codice gradenighiano: il manoscritto 1162 della Biblioteca Civica Gambalunga di Rimini contenente la Commedia dantesca. Ritenuto un documento di rara eccellenza per la nobile committenza e per l’apparato iconografico, è progettato alla fine del Trecento da Iacopo Gradenigo.

Frontespizio, carta 2r, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

Gradenigo, detto il Belletto, appartiene all’aristocrazia millenaria veneziana ed esercita la professione politica, rappresentando gli interessi della laguna in numerose città italiane. Nei momenti di pausa dal dovere si dedica alla composizione letteraria e alla trascrizione della Commedia. È, infatti, abitudine della nobiltà del tempo copiare l’opera per la propria famiglia, alimentando in questo modo il culto dantesco. L’aristocratico veneziano dichiara di essere autore del manoscritto in un sonetto incollato all’interno del piatto anteriore. Inoltre, la prima carta reca traccia dello stemma dei Gradenigo a cui è stato sovrapposto quello dei Sanudo. Dell’originale rimangono due cimieri sormontati rispettivamente da un torso d’uomo e dal grifo coronato, simbolo quest’ultimo della città di Perugia. Si ipotizza quindi che dopo la podesteria del 1387-89 il diplomatico sia stato autorizzato dalla città a fregiarsi del grifo come segno di riconoscimento per il lavoro svolto.

Lo stemma dei Sanudo documenta la nuova proprietà dell’opera. Del resto Iacopo Gradenigo e Filippo Sanudo sono legati da un’amicizia fraterna culminata nel 1390 con il matrimonio dei loro figli, rispettivamente Piero e Candiana. Il codice rimane a lungo in laguna, attorno al 1783 è documentato il passaggio dalla collezione del celebre bibliofilo veneziano Luigi Matteo Canonici (1727-1805) a quella del cardinale Giuseppe Garampi (Rimini, 1725 - Roma, 1792). Sarà cura dell’ecclesiastico riminese lasciarlo in eredità alla Biblioteca Gambalunga, dove arriva nel 1793.

Carta 1r, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

Rarità e complessità di un codice

Il codice è un intricato rebus dai quesiti aperti: si indaga sul luogo e sul tempo della realizzazione, si indaga sulla paternità dell’apparato iconografico. Finito sotto la lente degli studiosi già alla fine dell’Ottocento, non ha smesso di attirare la loro attenzione. Il più recente contributo è Considerazioni sul Dante Gradenigo di Daniele Guernelli pubblicato in "Dante visualizzato: carte ridenti" (2017). A monte gli studi di Giordana Mariani Canova, Piero Meldini, Simonetta Nicolini, autori dello storico catalogo del 1988 "I codici miniati della Gambalunghiana di Rimini", seguiti dalla ricerca di Paola Delbianco culminata nella pubblicazione del facsmile per opera di Imago con importanti saggi introduttivi dei nostri studiosi.

Carta 4r, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

Eleganza cortese e consapevolezza umanistica

Il codice contiene la trascrizione parziale del poema dantesco accompagnato da un ampio commento; inoltre, ogni canto è preceduto da un capitolo che ne riassume il contenuto.

Di grande formato, ancora racchiuso in una legatura antica, è realizzato in morbida pergamena e scritto in littera textualis. L’apparato iconografico è costituito dall’illustrazione

della prima carta e da ventiquattro vignette relative ai primi otto canti dell’Inferno: la prima vignetta è realizzata a tempera, le restanti ventitré sono disegni a penna acquerellati. L’incompiutezza dell’opera apre affascinanti strade, ancora tutte da percorrere: gli spazi rimasti privi di immagini si mostrano nel susseguirsi delle pagine. La prima carta, l’unica completamente miniata nei colori rosso e blu, presenta lungo i bordi una cornice d’acanto impreziosita da piccole sfere dorate; in basso al centro lo stemma dei Sanudo.

Il frontespizio è messo in relazione dagli studiosi con la prima vignetta, per stile e scelte compositive, e raffigura Dante e Virgilio nella selva oscura.

Particolari miniati carta 10v, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

Le ventitré vignette sono eseguite con un disegno delicato e sintetico su un fondo bianco: lo spazio è definito da pochi essenziali tratti, le figure sono leggere e spesso slanciate, la loro gestualità comunica con chiarezza stati d’animo e percezioni. Dal punto di vista del linguaggio, il colore crea un andamento armonioso e lo stile si avvale di un linearismo elegante e dolce. Giordana Mariani Canova mette in luce il gusto antiquario e la consapevolezza umanistica dell’autore testimoniati dagli abiti di Dante e Virgilio. Dante, giovane poeta laureato, rimane sempre al centro della narrazione. Le proporzioni attorno a lui sono simboliche e non realistiche, secondo l’uso della tradizione: i dannati sono rappresentati piccoli, anche quando si tratta degli spiriti magni ospitati nel Limbo (Omero, Orazio, Ovidio e Lucano).

Particolare miniato carta 15r, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

A Paolo e Francesca è dedicata tutta la commozione di Dante, agli avari invece uno sguardo ironico, costretti a portare al collo una macina da mulino anziché rotolare grosse pietre in senso opposto. Con la rappresentazione della palude Stigia e della città di Dite si interrompe il lavoro dell’illustratore. A questo punto occorre affrontare la questione della paternità visiva ancora irrisolta, seppure indagata profondamente e strettamente collegata alla datazione. Lo studioso Daniele Guernelli spiega, nel contributo del 2017, come il manoscritto rappresenti senza dubbio “uno dei più intriganti rompicapi storico-artistici della storia dell’illustrazione italiana della fine del XIV secolo”.

Giordana Mariani Canova attribuisce le ventitré vignette alla mano di Cristoforo Cortese, importante miniatore tardogotico veneziano attivo dall’ultimo decennio del Trecento fino al 1440. Mentre il frontespizio e la prima vignetta dovrebbero appartenere al noto Maestro delle iniziali di Bruxelles identificato più recentemente con il miniatore bolognese Giovanni di fra Silvestro. Le attribuzioni sono il risultato di confronti iconografici e stilistici accuratamente documentati negli scritti della studiosa.


Carta 10r, Sc-Ms. 1162, Biblioteca Civica Gambalunga, Rimini

La datazione del manoscritto

La datazione del codice è condizionata, secondo gli studiosi, dalla citazione, nella notula incollata sul piatto posteriore del codice, di un certo Cerbero Bidello per quanto riguarda la legatura. Il personaggio è stato identificato con un uomo presente a Padova. Per questo si ipotizza che il manoscritto sia stato realizzato da Iacopo Gradenigo durante la podesteria padovana del 1392-1393. Daniele Guernelli posticipa, invece, la datazione del codice di almeno due decenni, ponendola negli anni Venti del Quattrocento; in questo modo si spiegherebbe l’incompiutezza dell’opera dovuta alla morte di Gradenigo. Inoltre, l’aristocratico veneziano alla fine del Trecento era impegnato nella scrittura di un altro codice, conosciuto come il codice di Berlino, e non poteva perciò, secondo la sua ipotesi, dedicarsi anche al poema dantesco. Pur concordando sull’ambiente artistico padovano quale luogo di origine, lo studioso ritiene che si tratti di uno stile di maniera, mutuato probabilmente da quello di Giovanni di fra Silvestro e di Cristoforo Cortese, ma non di loro diretta mano. Nei primi decenni del Quattrocento il contesto in questione esprime un certo conservatorismo di stile. Datazione e attribuzione dell’apparato iconografico è materia da esperti e che ben ci suggerisce la complessità del manoscritto e la sua straordinaria rarità. Da parte loro le immagini continuano a raccontarci l’intreccio di storie accadute, con un linguaggio moderno capace di sorprendere.


Bibliografia

2017

Daniele Guernelli, Considerazioni sul Dante Gradenigo in Dante visualizzato: Carte ridenti I: XIV secolo, Franco Cesati Editore, 2017

2016

Giordana Mariani Canova, Paola Delbianco, Marco Veglia, La Divina Commedia gradenighiana: manoscritto SC-Ms. 1162 della Biblioteca Gambalunga di Rimini, Imago 2016

2000

Piero Meldini (a cura di), La biblioteca Civica Gambalunga. L’edificio, la storia, le raccolte, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, 2000

1988

Giordana Mariani Canova, Piero Meldini, Simonetta Nicolini, I codici miniati della Gambalunghiana di Rimini, Cassa di Risparmio di Rimini, Federico Motta, 1988

1986

Donatella Frioli, I codici del cardinale Garampi, Maggioli Editore, 1986

Immagini

©Biblioteca Civica Gambalunga

Le immagini pubblicate sono di proprietà della Biblioteca Civica Gambalunga che ne detiene in esclusiva tutti i diritti.


L'articolo è stato pubblicato per la prima volta sulla rivista Aracne nel mese di settembre 2019.


Silvia Paccassoni per Dorature. Storie di illustrazione 2020

© riproduzione riservata


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