René Gruau, il creatore di un sogno senza tempo, consegna all’illustrazione di moda un'eredità estetica in divenire. La sua cifra linguistica emerge nella contemporaneità delle pagine illustrate, a volte come sentimento consapevole, altre come radice visiva.
Una rapida ricognizione della produzione attuale mostra quanto il suo modo di intendere spazio, segno, colore sia ancora riferimento nella costruzione dell’immagine e quanto l’elegante leggerezza della forma sia fonte di ispirazione.
L’infanzia a Rimini
René Gruau nasce a Rimini il 4 febbraio del 1909, il suo nome è Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, figlio del conte Alessandro. La madre, Marie Gruau de la Chesnaie, è una giovane aristocratica parigina non adatta alla vita di provincia, tanto da trascorrere la maggior parte dell’anno tra Milano, Montecarlo e Parigi. Di Rimini l’artista ricorda le estati sul colle di Covignano, nella villa lontana dal palazzo cittadino di famiglia. E di quel tempo ha memoria della “stagione dei bagni”, del Kursaal, dove si andava a ballare, del Grand Hotel, il cui piazzale era sempre pieno di carrozze e auto, della spiaggia.
La vita riminese termina quando i genitori si separano e i figli vengono affidati alla madre.
Nel frattempo però René ha iniziato a disegnare, ricopiando le eleganti donne delle riviste di moda, ama soprattutto riprodurre le gambe, ma disegna anche animali e case.
Fin da quando mi ricordo ho sempre disegnato, anche quando ero piccolissimo. Ancora oggi credo di non avere nessun merito, non ho fatto niente di speciale, perché i disegni mi venivano così, in maniera naturale anche senza sforzo. Credo che sia un dono innato.
(da “Gruau visto da Gruau” in “René Gruau”, catalogo della Mostra di Rimini, Electa, 1993)
Tra il 1920 e il 1921 la madre lo accompagna nell’atelier del pittore riminese Gino Ravaioli:
Mi insegnava a tenere la carta, a scegliere i colori e i pennelli giusti. Nel corso di una delle mie prime esercitazioni mi fece ricopiare un bassorilievo con l’effigie di Sigismondo Pandolfo Malatesta.
(da “Gruau visto da Gruau”, 1993)
L'artista riconosce alla madre il merito di avere compreso la sua vocazione e di avergli permesso di dare forma al sogno, nonostante le difficoltà, o forse proprio grazie a queste.
In seguito alla separazione, infatti, Marie Gruau si trova ad affrontare una difficile situazione finanziaria e il giovanissimo Renato, dopo avere abbandonato l’idea di diventare architetto, comincia a disegnare per le riviste e si immerge nell'illustrazione di moda.
L’esordio a Milano
Negli anni Venti la città di Milano è il centro di produzione della moda. Il giovanissimo Gruau viene introdotto nel mondo dell'editoria dalla giornalista Vera Rossi Lodomez, redattrice della rivista Lidel. È lei a credere nel suo talento, assegnandogli alcuni disegni di abiti. A René Gruau piace legare la nascita del monogramma al primo disegno scelto dalla giornalista: la macchiolina di inchiostro diventata stella e accompagnata con l’iniziale del cognome materno .
Vera ne scelse subito uno sul quale mi era caduta, proprio in basso al foglio, una macchiolina di inchiostro che assomigliava vagamente a una stella. Con quel primo disegno iniziò la mia carriera di disegnatore. Per scaramanzia decisi di ripetere sempre quella stella vicino alla mia firma: Gruau, dal nome di mia madre che adottai artisticamente.
Anche se l’illustratore colloca gli anni dell’esordio milanese tra il 1923 e il 1924, la sua collaborazione con la rivista Lidel è documentata dal 1926. Una ricerca di Alessandra Vaccari, pubblicata nel 2009 nel catalogo “Gruau e la moda. Illustrare il Novecento”, documenta che la firma di René Gruau compare per la prima volta sul numero di maggio del 1926.
Nel ricordare la Milano, Gruau ritesse la storia della moda del Novecento: sfilano davanti a lui Marcello Dudovich, quindi Enrico Sacchetti, Boccasile, Filiberto Mateldi e infine Brunetta alla quale riserva un ritratto speciale come illustratrice dal grande talento e dalla grande fantasia. Un’altra donna suscita la sua ammirazione incondizionata per le creazioni prodotte, è Marta Palmer, la sarta con l’atelier dorato in corso Vittorio Emanuele.
Intanto lavora per Lidel, Eva, Dea, Donna, Sovrana, Fortuna. Anche dopo il trasferimento a Parigi, Gruau, diventato ormai un nome noto nel mondo dell’illustrazione, continua a collaborare con le riviste e le aziende italiane.
Il cronista di moda a Parigi
All’inizio degli anni Trenta René Gruau si trasferisce insieme alla madre a Parigi, dove intensifica la sua attività di illustratore grazie alle collaborazioni con Le Figaro e Marianne.
Nel 1937 la firma su Fémina ne afferma definitivamente il prestigio.
I maggiori couturier del tempo - Patou, Lanvin, Lelong, Worth, Piguet, Rochas, Schiaparelli e Balenciaga - chiedono i suoi disegni.
Sono anni di grande impegno, addirittura tra il 1937 e il 1938 è chiamato a Londra per rivestire il ruolo di stilista in una casa di moda di Grosvenor Street, esperienza a cui rinuncia presto e che rimane unica nella sua carriera. Preferisce fare ritorno a Parigi per concentrarsi sull’illustrazione e collabora con Marie Claire, Vogue, l’Officiel, Très Chic, Leisure, Woman and Beauty.
Il 1937 è anche l’anno dell’incontro con Christian Dior, conosciuto sulle pagine del giornale Le Figaro. René Gruau e Christian Dior, quando si conoscono, sono giovani in cerca di successo, nonostante abbiano dovuto abbandonare il comune sogno di diventare architetti. Ma l’arte e la moda continuano ad animare i loro progetti. Disegnano per le riviste, frequentano i salotti parigini, immaginano di far vivere le loro creazioni per le strade, nei teatri e nei balli. Non sono soli, un nutrito gruppo di giovani creativi, artisti e stilisti, muove desideri e immaginazione di una Parigi al centro dell’attenzione europea e americana.
Gli anni seguenti sono particolarmente dolorosi per Gruau sia per la perdita della madre, avvenuta a Milano nel 1939, sia per la situazione internazionale che preannuncia gli orrori della guerra.
Nella prima metà degli anni Quaranta, lasciata Parigi per Cannes, si sostiene continuando a disegnare per Marie Claire, realizzando illustrazioni per il balletto di Montecarlo, ritratti a olio ispirati allo stile di Giovanni Boldini e scene di fantasia del XVIII secolo. Dai ricordi emergono, non tanto le difficoltà concrete, quanto i sentimenti di affetto e di riconoscenza per gli amici, in particolare per Christian Dior. Anche Dior si è trasferito nel sud della Francia, come una buona parte dei parigini, ed è solito raggiungere in bicicletta l’amico Gruau a Cannes, una o due volte a settimana. Gli incontri settimanali sono anche occasione per condividere sogni e speranze che, sappiamo, prenderanno forma nell’immediato dopoguerra.
Evasione e nostalgia
Ritornati a Parigi dopo il 1945, Gruau e Dior ricostruiscono velocemente passioni e attività. Il sentimento di euforia si traduce nella joie de vivre e si sostanzia nel sogno, certamente elitario e distante dall’esistenza che sta vivendo la maggior parte dell’umanità, sopravvissuta alla tragedia della seconda guerra mondiale.
Eppure la necessità di evasione si fa spazio sulle pagine delle riviste, nei piccoli atelier di provincia e di città, nei salotti e nei teatri, nell'alta moda.
L’abbondanza dei tessuti, la linea sinuosa, la cura dei particolari, il lusso degli accessori: ogni cosa concorre a coltivare un’idea di leggerezza e charme comune a Dior e Gruau che, secondo alcuni, è una nostalgia d’infanzia con il volto delle loro madri.
Alla domanda “Cos’è l’eleganza?” René Gruau, già affermato illustratore, risponde dando vita a un’immagine che è la descrizione stessa della madre:
È un fluido che per sua natura è difficile da definire, ma consiste di volontà, intelligenza, leggerezza, raffinatezza, perfezione e distinzione
(da "Gruau e l’immagine Bemberg", 1986, pag 15)
Da un punto di vista estetico in René Gruau c’è anche l’appartenenza a una certa arte che si compie nelle veloci pennellate dei pittori Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) e John Singer Sargent (Firenze, 1856 – Londra, 1925), nelle linee mutevoli dello scultore Paolo Troubetzkoy (Intra, 1866 – Pallanza, 1938), espressione di una bellezza seducente e misteriosa, ancorata al desiderio e alla vitalità dei sensi.
Continuatori tutti di una bella maniera, nel significato migliore del termine, distanti dalla quotidianità naturalistica dell’esistenza.
Il sodalizio con Christian Dior
Quando Christian Dior fonda la sua maison a Parigi lo fa con il sostegno affettuoso di René Gruau che lo incoraggia e lo rassicura, certo del successo dell’amico. La data della prima sfilata, 12 febbraio 1947, diventa subito una ricorrenza nella storia dell’alta moda. È in questa occasione che si parla per la prima volta di New Look riferendosi alla celebre “Ligne Corolle”.
Se Dior crea abiti, accessori e profumi da sogno, Gruau ne cattura la magia e la traduce in pura ispirazione nei disegni.
Nel 1948 Dior ha già fondato la società Christian Dior Parfums. René Gruau ne disegna il volto, partendo da Miss Dior.
Miss Dior
A inaugurare il sodalizio artistico è l’immagine di un cigno che scivola sull’acqua adornato da fili di perle bianche e da un fiocco nero dalle ampie bande. Bianco come il mughetto, il fiore amato da Dior, il cigno rappresenta purezza, eleganza, freschezza, sensazioni che si uniscono alle note sofisticate degli accessori. La linea nera di contorno, morbida ma decisa, costruisce lo spazio, mettendo in primo piano il protagonista e definendo con velocità l’orizzonte attrvaerso i cerchi d’acqua. Poche flessuose linee su uno sfondo neutro comunicano l’essenzialità del messaggio: la fragranza Miss Dior è la grazia femminile di cui il cigno è immediato simbolo, compagno di Venere e Leda.
Una seconda illustrazione, sullo stesso sfondo cromatico, cattura il dettaglio di una serpentinata mano bianca appoggiata sopra una zampa di pelliccia. La mano è di Mitzah Bricard, musa ispiratrice di Dior, solita portare al polso un foulard leopardato. Un’altra illustrazione per la stessa fragranza mostra, sul medesimo sfondo, un ventaglio nero sostenuto da una mano con un guanto bianco.
In queste scene, in cui l’oggetto profumo non è mai presente, si è testimoni di un tempo attutito da movimenti lievi e capaci di liberare la fragranza: il cigno scivola, la mano accarezza, il ventaglio ondeggia. Miss Dior è nel sogno dell’aria.
I maestri: da Boldini a Dudovich
Diorama merita uno spazio tutto suo. Diorama è la poltrona rosa Luigi XV collocata al centro della scena su cui sono stati lasciati dei guanti bianchi e una stola nera. Una presenza femminile ha appena attraversato la pagina, lasciando traccia di sé.
Nel 1911 Marcello Dudovich aveva già posto al centro della scena la poltrona Luigi XV, adatta ambientazione per accessori del marchio Zenit: un cappello a bombetta Borsalino, dei guanti, un bastone da passeggio. Ma ancora prima Giovanni Boldini aveva dipinto ad acquerello su carta un soggetto simile intitolato “Mantello rosso sulla bergère”, datato 1895-1900 circa, presente nel catalogo della mostra ferrarese "Boldini e la moda" a cura di Barbara Guidi con la collaborazione di Virginia Hill del 2019 (catalogo “Boldini e la moda”, Ferrara 2019).
All'origine di tutto un italiano di provincia emigrato a Parigi e diventato il pittore del desiderio e del sogno. A conferma del comune immaginario artistico la dichiarazione di Christian Dior: "Delle donne della mia infanzia mi resta soprattutto il ricordo dei loro profumi, profumi persistenti che impregnavano l'ascensore per molto tempo dopo il loro passaggio, dei vortici di pelliccia, dei gesti alla Boldini, delle piume del paradiso, dei collier d'ambra" (da "Je suis un couturier", 1951).
La Cuisine Couse-main: il tributo di Gruau a Dior
La scomparsa improvvisa del couturier francese, morto durante un soggiorno termale a Montecatini nell’ottobre del 1957, non interrompe la collaborazione di Gruau con il marchio Dior che prosegue fino agli anni Ottanta.
Nel 1972 viene pubblicato postumo, in tiratura limitata, il libro di ricette selezionate da Christian Dior con il titolo La Cuisine Couse-main. Il piccolo volume contiene alcune raffinatissime illustrazioni realizzate appositamente dall'illustratore riminese come tributo all'amico scomparso troppo presto.
Dior amava parlare di vino, come di un'elegante signora che ha un corpo, un profumo, un colore, un esprit" scrive Raymond Thuilier nell'introduzione. Dior comparava volentieri il proprio mestiere con quello dello chef, due lavori fatti con le mani.
La Maison Dior ha pubblicato in digitale una versione del libro rendendolo fruibile gratuitamente. Qui il link: La Cuisine Couse-main (consultato il 13 maggio 2022).
Fino a New York e Hollywood
Gruau è anche l’amico di Givenchy, Balenciaga, Fath. A legarli è la comune idea di eleganza intesa come arte di vivere.
Anche quando la moda cambia, o meglio quando non è più l’alta società a determinare il mercato, René Gruau rimane fedele al proprio sogno, capace di esportare la sua arte fino a New York e Hollywood.
Nel 1948 è a New York per la prima volta come collaboratore di Harper's Bazaar e Vogue America. Nel 1950 è a Hollywood, dove realizza ritratti di attrici e attori, inviato dalla rivista Flair, di cui è disegnatore esclusivo. Il mondo hollywoodiano non lo affascina però e, richiamato nel 1954 per realizzare i costumi del film White Christmas con Danny Kaye e Bing Crosby, rifiuta preferendo al denaro l'indipendenza professionale.
Nello stesso anno disegna i costumi per Ciné Bijou, il balletto di Roland Petit.
Tra il 1961 e il 1965 disegna costumi e scenografie per l'Opera-Ballet di Georges Van Parys e per La dame de chez Maxim's del Théatre Palais Royal.
Del 1973 è il lavoro per il Fantôme de l'Opéra sempre di Roland Petit.
Nel frattempo lavora anche per la rivista olandese International Textiles (1946 -1984) e per la rivista italiana Club. Realizza manifesti di marchi di moda - Blizzard, Pellet, Peroche, Bemberg, Eminence, Pancaldi - e del teatro, in particolare il Moulin Rouge e il Lido.
Tra il 1980 e il 1989 torna all'illustrazione di moda con Vogue France, Madame Figaro, Elle, l'Officiel de la Couture e continua a lavorare con Dior, Hubert de Givenchy, Balmain, Balenciaga.
Del resto il suo stile ha anticipato il successo della fotografia.
Gruau ha saputo infatti consegnare con forza e chiarezza l’essenzialità del messaggio.
C’è un’architettura sintetica alla base della sua visione, poi c’è la sapienza di un tratto rapido e ampio, preso in prestito dai pittori giapponesi del XVIII secolo, infine la maestria di un movimento elegante proprio degli arabeschi.
René Gruau ha mantenuto in vita un sogno, lo ha fatto anche quando ha illustrato Rimini nel 1993 per celebrare i 150 anni dei Bagni, poi nel 2000 quando ha realizzato una seconda immagine per celebrare la sua Rimini, la città natale a cui ha lasciato un importante nucleo di opere (Rimini, Museo della Città, spazio permanente).
Giallo come il sole e blu come il mare, un movimento leggero come l'aria, una linea sinuosa e un contorno nero a segnare le forme: Rimini è tutta nella gioia di vivere.
René Gruau coltiva una visione internazionale dell’arte, un gusto del lusso decisamente francese, ma un desiderio del sapere fare riminese.
René Gruau, scomparso a Roma il 31 marzo del 2004, riposa a Rimini per sua volontà.
Bibliografia
Gruau e l'immagine Bemberg, testo di Gillo Dorfles, 1986
René Gruau. Un riminese a Parigi, a cura di Andrea Pollarini, catalogo mostra, Rimini, Electa, 1993
René Gruau, Comune di Rimini, 2003
Gruau e la moda. Illustrare il Novecento, a cura di Elisa Tosi Brandi, Silvana Editoriale, 2008
Le premier siècle de René Gruau, testi di Sylvie Nissen e Vincent Leret, Thalia, 2009
René Gruau. Master of Fashion Illustration, testo di Holly Brubach, Prestel, 2021
Silvia Paccassoni per Dorature. Storie di illustrazione - 2022
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